Riviste d'Artista | Fondazione Berardelli


  • Adriano Spatola Geiger N.2
    Geiger n.2 antologia sperimentale a cura di Maurizio Spatola, edizioni Geiger, Torino 1968
  • Adriano Spatola Geiger N.3
    Geiger n.3 antologia sperimentale a cura di Maurizio Spatola, edizioni Geiger, Torino 1969
  • Eugenio Miccini, Techne
    Eugenio Miccini, Téchne 5-6, edizioni Téchne Firenze 1970
  • Eugenio Miccini, Techne
    Eugenio Miccini, Téchne 7-8, edizioni Téchne Firenze 1970
  • Sarenco, Paul De Vree Lotta poetica
    Sarenco, Paul De Vree, Lotta poetica n.1, Amodulo Brescia, Giugno 1971
  • Sarenco, Paul De Vree Lotta poetica
    Sarenco, Paul De Vree, Lotta poetica n.8, Amodulo Brescia, Gennaio 1972
  • Sarenco, Paul De Vree Lotta poetica
    Sarenco, Paul De Vree, Lotta poetica n.20-21-22, Amodulo Brescia, Gennaio, Febbraio, Marzo 1972
  • Jean-François Bory, L'Humidité, n. 6
    Jean-François Bory, L'Humidité, n. 6, Paris 1971
  •  Jean-François Bory, L'Humidité, n. 9, Dedalo, Taranto 1972
    Jean-François Bory, L'Humidité, n. 9, Dedalo, Taranto 1972

Riviste d'artista

Geiger

Tra le edizioni che tra gli anni sessanta e i settanta si occupano di poesia sperimentale in Italia, una delle più attive e prolifiche è senza dubbio “Geiger”, fondata a Torino da Adriano Spatola e dai fratelli Maurizio e Tiziano, in occasione della prima uscita dell'omonima rivista. Il primo numero del periodico, il cui nome si rifà a quello del contatore per la misurazione della radioattività, risale al 1967, anno in cui si svolge sull'Appennino Modenese il festival di performance e poesia di Fiumalbo “Parole sui muri”, organizzato da Claudio Parmiggiani, Claudio Costa e Adriano Spatola. L'evento, che ospita per due settimane artisti da tutto il mondo, è l'occasione per il poeta torinese di intessere una fittissima rete di contatti internazionali che si concretizzano poi nei numerosi contributi raccolti all'interno della rivista. Infatti “Geiger” è strutturata sotto forma di antologia, assemblata artigianalmente: nelle sue pagine, realizzate da vari autori con i supporti e le tecniche più disparate, trova spazio, come la definiva Spatola, “la poesia totale” che comprende un'ampia fascia di ricerche dalla poesia concreta, alla visiva, dall'automatica, alla parasurrealista, a quella impegnata e ideologica. Con il nome “Geiger” vengono pubblicati 10 numeri, con periodicità assolutamente irregolare, tendenzialmente annuale in 300 copie alla volta. Alla rivista si affiancano circa 120 libri, editi tra il 1967 e il 1978 (il primo, curato da Claudio Parmiggiani e Adriano Spatola, è proprio il catalogo di “Parole sui muri”), molti di questi sono libri d'artista, cioè libri pensati in ogni loro parte dall'artista il quale ha intenzione di creare attraverso il libro un'opera d'arte non solo di poesia.

Téchne

Nel 1969 il poeta visivo Eugenio Miccini fonda a Firenze il Centro Téchne: uno spazio autogestito da artisti e architetti che, oltre a incoraggiare le nuove correnti plastiche, ospita le nascenti compagnie teatrali dei Magazzini Criminali (allora Carrozzone) e del Teatro Jarry. L'attività del centro è affiancata dalla pubblicazione di una rivista anch'essa chiamata "Téchne" , realizzata con il ciclostile, come “Geiger”, strutturata in forma di antologia di contributi, soprattutto scritti, inviati alla redazione da poeti speimentali e artisti di tutto il mondo. “Tèchne”, che nasce in opposizione al potere e alla supremazia dell'industria editoriale, esce con 19 numeri, suddivisi in 9 fascicoli, l’ultimo dei quali viene pubblicato nel 1976, pensati come agili strumenti di diffusione del pensiero artistico radicale. La rivista, che insieme a “Lotta poetica” è l'organo ufficiale della poesia visiva, è inoltre molto attenta ai temi politici e sociali del suo tempo, anche se il nome rimanda all'ambito letterario. La copertina, che riporta una porzione della voce dedicata alla parola tèchne in un dizionario di greco, da un numero con l'altro numero differisce unicamente per il colore. Insieme a “Tèchne” vengono pubblicati anche più di 50 quaderni, dal 1968 al 1982: testi teorici, raccolte di poesia e libri d'artista.

Lotta poetica

Giugno 1971 nel panorama artistico italiano esordisce una nuova rivista, redatta da artisti: “Lotta poetica” che diventerà un luogo privilegiato per la promozione, il dibattito e il confronto culturale, al di fuori dei canali di comunicazione tradizionali. Nata da un’idea di Paul de Vree e Sarenco per unificare le forze intellettuali e economiche tra le edizioni De Tafelronde di Anversa e Amodulo di Brescia, con la collaborazione di Gianni Bertini. Il pittore pisano partecipa attivamente alla redazione, comparendo anche nelle prime dodici copertine, nelle quali è raffigurato mentre imbraccia un fucile puntato contro il lettore. La pubblicazione è finalizzata, come si evince dal titolo stesso, non solo a far conoscere le avanguardie artistiche del periodo ma anche a portare avanti una critica militante nei confronti dei meccanismi del mondo e del mercato dell’arte. L’idea è esplicitata chiaramente da Sarenco nell’editoriale del primo numero: “Il titolo “Lotta poetica” è l’affermazione del nostro impegno, come poeti ed artisti in generale ad impostare una battaglia continua…”. L’intento è quello di “creare uno strumento di informazione e di scambio a livello internazionale”, che serva anche da punto di contatto tra le diverse esperienze nazionali nell’ambito delle ricerche poetico visuali. L’artista bresciano sottolinea inoltre con precisione nel testo le linee programmatiche della rivista: periodicità, diffusione, organizzazione e unificazione delle forze sono da perseguire per differenziarsi dalle precedenti esperienze editoriali dedicate alla ricerca tra parola e immagine, spesso dispersive e autoreferenziali. Paul de Vree invece nel proprio scritto di apertura specifica quale deve essere il nuovo ruolo della poesia che “necessita una riforma totale di concezione (il sentire collettivo, partecipazione del lettore, rielaborazione del linguaggio, fusione delle discipline), vuole infine penetrare più direttamente e più profondamente in tutte le classi sociali”. La rivista è senza dubbio una delle più longeve nel panorama dell’esoeditoria italiana: viene infatti pubblicata, anche se con delle interruzioni, fino al 1987. Ne vengono stampate tre serie. La prima esce per quattro anni consecutivi; si contano 50 numeri accorpati in 32 fascicoli. I contenuti degli editoriali e degli articoli sono militanti e politicizzati, in accesa polemica con il sistema dell’arte e attenti ai grandi cambiamenti sociali e politici in atto in quegli anni. Nel numero 11 del 1972 viene attaccata la Biennale di Venezia, alla sua trentaseiesima edizione. I poeti visivi vengono invitati all’interno della rassegna Il libro come luogo di ricerca, ideata da Renato Barilli e Daniela Palazzoli, una delle primissime e lungimiranti mostre riguardanti il libro d’artista, all’interno della quale i due curatori inseriscono una sezione dedicata alla sperimentazione verbo-visuale. La redazione di “Lotta poetica” risponde a questo invito con una querelle dal titolo “No alla Biennale di Venezia 1972” nella quale tra le ragioni che motivano tale opposizione c’è l’accusa di assimilare la poesia visiva ad altri movimenti artistici, non riconoscendo così la sua identità specifica: “si cerca di neutralizzare un fenomeno culturale di vastissima portata, come quello della poesia visiva, riducendolo al livello dell’arte concettuale e minimizzandolo storicamente”. La polemica nei confronti della critica che osanna questa corrente nata oltre oceano, improntata più sull’idea che sulla realizzazione dell’opera, viene portata avanti dalla rivista anche in altre occasioni, tanto che vengono mostrati i suoi debiti nei confronti della poesia visiva, come nel numero 13-14 del 1972, in cui alcuni lavori del concettuale italiano Vincenzo Agnetti, i suoi famosi telegrammi, vengono accostati a simili elaborati, però precedenti, del poeta visivo Michele Perfetti. A produrre i testi pubblicati nella rivista sono artisti sia italiani che internazionali. La redazione si avvale di una serie di corrispondenti dall’estero, europei ma anche dal Sud America, dagli Stati Uniti e dal Giappone. Gli interventi di questi ultimi, quando sono scritti, vengono spesso lasciati nella lingua originale senza essere tradotti. Il numero dei collaboratori si riduce gradualmente nel corso degli anni: si allontanano quelli che non si riconoscono pienamente nella poesia visiva, come lo stesso Gianni Bertini, che partecipa alla redazione fino al dodicesimo numero. Unica storica dell’arte a partecipare al dibattito culturale di “Lotta poetica” è la bresciana Rossana Apicella: a un suo testo, dal titolo “Proposta per un decennio” viene dedicato un intero fascicolo, che racchiude i numeri 28-29-30-31. Paul De Vree le riconosce nell’editoriale 2 dell’estate del 1973, il merito, attraverso i suoi approfondimenti critici, di aver “indicato la natura vera della poesia visiva”. Affianco ai testi si trovano immagini che documentano mostre, performance e opere, alcune delle quali realizzate appositamente per la rivista. L’impaginazione è essenziale: l’interno è esclusivamente stampato in bianco e nero, nella copertina viene a volte utilizzato un colore. Come scelta di principio viene rifiutata la pubblicità, tranne quando è finalizzata alla promozione di edizioni o eventi legati a “Lotta poetica”. Dalla primavera del 1974 la rivista diviene monografica. Perde la sua vena polemica per dare spazio al lavoro degli artisti. Vi sono all’interno numerose riproduzioni di opere e alcuni testi. Si inaugura questa nuova scelta editoriale con un numero dedicato a Sarenco, poi seguono Paul De Vree, Ewerdt Hilgeman, Klaus Staeck, Enrico Baj, Bernard Aubertin, Aldo Mondino, Alain Arias-Misson, Joseph Beuys, Jean-François Bory, Franco Fabiano e Jiri Kolar. L’artista cecoslovacco è il protagonista dell’ultimo numero della prima serie che si chiude nel giugno del 1975. Si dovrà aspettare fino al gennaio del 1982, anno della scomparsa di Paul De Vree, perché prenda il via la seconda serie diretta unicamente da Sarenco. Cambia il formato, che aumenta, avvicinandosi a quello standard delle riviste. La carta è patinata e in copertina si trova la riproduzione di un’opera a colori dell’artista intervistato all’interno. Queste conversazioni coinvolgono alcuni dei maggiori esponenti del panorama internazionale: Daniel Spoerri, Arman, George Brecht, Joseph Beuys, Enrico Baj, Wolf Vostell, Sergio Dangelo, Sarenco, Jean-François Bory, Bernard Aubertin, Aldo Mondino, Eugenio Miccini, Ray Johnson, Franco Verdi, Nanda Vigo, Claudio Costa e Julien Blaine. All’interno i testi superano di gran lunga le immagini, intervallati da inserzioni pubblicitarie. La redazione sceglie di impaginarle in modo simile, parole in bianco su sfondo nero. Nell’agosto del 1984 esce l’ultimo numero della seconda serie. La pubblicazione riprenderà nel gennaio del 1987 sotto la direzione di Eugenio Miccini e Sarenco. Verranno stampati solo due numeri. Il formato e la carta sono uguali a quelli della serie precedente ma cambia l’impostazione grafica della copertina che è più curata. Si nota un grande sforzo dei redattori nella raccolta dei materiali: entrambi i fascicoli superano le 150 pagine. Vi sono numerose interviste ad artisti – tra i quali nel primo numero Arnaldo Pomodoro e Ben Vautier e nel secondo Jean Tinguely, Mimmo Rotella, Alain Arias-Misson e Roy Lichtenstein – e saggi critici. Il panorama degli argomenti trattati si amplia ulteriormente, viene dato uno spazio maggiore alle correnti artistiche coeve alla poesia visiva, accanto ad alcuni approfondimenti dedicati ai movimenti storici. Alle soglie degli anni novanta, mentre prendono il via innovazioni tecnologiche che cambieranno il nostro modo di comunicare e interagire, si conclude definitivamente l’esperienza di “Lotta poetica”. E’ da riconoscere l’importanza del suo contributo, che per ben vent’anni, è riuscito a tenere viva l’attenzione nei confronti della poesia visiva e non solo, sfruttando a pieno le potenzialità del medium rivista, l’unico in quegli anni capace di costruire una vera e propria rete di contatto e scambio culturale.

L'Humidité

La rivista L’Humidité, in lingua francese, viene fondata nel 1970 da Jean-François Bory, Janusz Chodorowicz, Georges Unglik, Léonardo Numez. Il primo numero è stampato a Arhem in Olanda in copertina appare una scritta in viola sovrapposta alla celebre pietà di Michelangelo "Investissez votre fils la contestation est un bon placement". Vi partecipano esponenti della poesia visiva internazionale ma vi si trovano anche approfondimenti dedicati ai protagonisti di altre correnti artistiche come Jean Le Gac, uno dei fondatori della narrative art e il body artista Vito Acconci. Il numero si conclude con l’immagine di Tristan Tzara e una sua citazione « Je maintiens toutes les conventions, les supprimer serait en faire de nouvelles”. Il secondo numero è invece interamente dedicato al Futurismo con la pubblicazione di alcuni manifesti (Manifesto di fondazione, Manifesto del teatro futurista sintetico, Abbasso il tango e il parsifal). L’attenzione della redazione alle avanguardie storiche è confermata anche da una tavola parolibera di Marinetti presente nel primo numero e da alcuni approfondimenti successivi sul dadaismo. Dal numero quattro la rivista passa sotto la direzione unica dell'artista e poeta francese Jean François Bory. Il numero sei, del novembre del 1971, è dedicato interamente alla scena artiastica italiana con il titolo « Italie dernières mesures ». Lo speciale è a cura di Carlo Alberto Sitta, la copertina di Giuseppe del Franco. Sono presenti riproduzioni di opere di Sarenco, Eugenio Miccini, Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Maurizio Nannucci, Gianfranco Baruchello, Alberto Grifi, Mario Diacono, Giorgio Fonio e testi di Carlo Alberto Sitta, Nanni Balestrini, Giuseppe Chiari, Renzo Paris, Giulia Nicolai, Giorgio Celli, Michele Perfetti, Alberto Grifi, Mario Ramous, Sebastiano Vassalli. Dal numero sette la rivista viene anche stampata in Italia a Taranto dalla Dedalo e dall’otto viene dichiarato che L’Humiditè è una rivista italiana in lingua francese con sede a Modena, passando poi dal numero dieci sotto le bresciane Edizioni Amodulo, dirette da Sarenco.